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Morte Garzena, la Juventus ricorda il Falco di Venaria: il comunicato 

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La Juventus, tramite una nota ufficiale, ha voluto ricordare Bruno Garzena ex giocatore bianconero che è venuto a mancare nelle scorse ore 

La Juventus, tramite una nota ufficiale, ha voluto ricordare Bruno Garzena ex giocatore bianconero che è venuto a mancare nelle scorse ore 

COMUNICATO – «Ci ha lasciati una leggenda della Juventus: a 91 anni se n’è andato Bruno Garzena. 

Nasce il 2 febbraio 1933 e deve il suo soprannome calcistico alla tempestività negli interventi difensivi e al suo luogo d’origine: il Falco di Venaria. Giampiero Boniperti lo ha definito «l’archetipo del terzino». Lui amava raccontarsi così: «Non ero un fuoriclasse, nella Juve ce n’erano altri. Io dicevo al mio avversario “Tu oggi non ti diverti” e poi giocavo la mia partita».

IL TEMPO DEGLI ARTISTI

«Il football dei miei tempi era molto romantico, più divertente e noi ci sentivamo come degli artisti». Garzena descriveva così la fascinazione verso un mondo che lui aveva fortemente voluto, a partire dal provino fatto con la Juventus: « Abitavo con i miei genitori in corso Vercelli, avevamo un negozio in via Rondissone. Sì, lo so, stavo dall’altra parte della città. Ma venire in bicicletta fino in Piazza d’Armi, dove all’epoca ci si allenava, era un gioco. Non tenevo nemmeno le mani sul manubrio ed avevo una scarpa diversa dall’altra, eravamo appena usciti dalla Guerra Mondiale…». Nasce così un legame fortissimo con la sua squadra del cuore. Il suo mito dichiarato è Virginio Rosetta (nella foto con lui), il terzino della Juve del Quinquennio d’Oro. A 20 anni fa il suo esordio in Serie A il 10 maggio 1953, in Juventus-Inter. Vittorio Pozzo, il Commissario Tecnico della Nazionale due volte campione del mondo nel 1934 e 1938, esprime un giudizio netto: «Il ragazzo ha stoffa». 

UNO CONTRO UNO

Garzena gioca sulla fascia sinistra e, all’occorrenza, anche sull’altro versante. La grinta e la concentrazione sono le sue caratteristiche salienti e i suoi duelli con le ali avversarie fanno la storia del match, sono confronti diretti fatti di contrasti e tackle: «E all’epoca non c’erano raddoppi di marcature, né si usava il libero, dovevi sbrigartela da solo». Rare le sue incursioni oltre la propria metà campo, non è ancora un calcio che chiede ai terzini di spingere. In tal senso, il non avere mai segnato rientra nella normalità: «La cosa non mi ha mai creato nessun problema, anche perché, a quei tempi, ben difficilmente chi giocava in difesa poteva avventurarsi in avanti alla ricerca del gol. E poi, per me, l’importante era impedire al mio avversario diretto di segnare, quello era il mio compito». 

GLI ANNI DEI SUCCESSI

Sono 8 gli anni in prima squadra vissuti da Garzena, con un percorso tutt’altro che lineare. Dopo il debutto nel 1952-53, va ad Alessandria per farsi le ossa e torna nel 1954. Progressivamente si guadagna il posto da titolare. La sua migliore stagione è quella che inaugura un grande ciclo, Bruno non salta neanche una partita nel campionato 1957-58, che porta in dote alla Signora la stella: «Credo che quell’attacco con Charles e Sivori (nella foto, alle sue spalle) se decideva di spingere e fare goal ci riusciva. Il risultato dipendeva solo da quanti gol prendevamo, perché farne non era un problema». Successivamente, dopo la parentesi del 1960-61 nel Vicenza, vive ancora un anno in bianconero nel 1961-62. Le presenze complessive sono 186, il totale dei successi è di 2 scudetti e altrettante Coppe Italia.

L’AMORE PER IL CALCIO

Dopo la Juventus, Garzena fa ancora due campionati nel Modena e nel Napoli, per poi ritirarsi a soli 31 anni. A Hurrà Juventus, nel 1988, ha raccontato i motivi di questa scelta precoce: «In effetti nel 1964, seppur ancora relativamente giovane, smisi definitivamente di giocare perché non mi divertivo più come un tempo: all’inizio della mia carriera era assai diverso, dominavano la classe e l’estro a scapito di un puro atletismo che mi sembra nel calcio attuale abbia preso un netto sopravvento». Rimane immutabile la considerazione verso la professione che lo ha fatto molto divertire: «Indubbiamente il calcio ha costruito la mia esistenza perché mi ha educato, formato e reso abbastanza agiato: in una sola parola, mi ha dato proprio tutto».

I RACCONTI DI BRUNO

«Continuo ad essere innamorato della Juve»: Bruno non ha mai smesso di seguire la sua squadra dalla tribuna. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, ne ha potuto apprezzare le straordinarie doti di narratore. I suoi racconti ti facevano entrare in un calcio affascinante, dove il campo di gioco diventava il luogo d’elezione per duelli da poema cavalleresco. Uno dei suoi preferiti riguardava il confronto avuto con uno dei fuoriclasse stranieri incontrati in carriera, l’uruguaiano Alcides Ghiggia in forza alla Roma: «I miei duelli con Ghiggia sono passati alla storia. In verità, è nata un pochino di letteratura sull’episodio, forse i giornali hanno esagerato. Lui era un’ala straordinaria, che ti faceva secco anche se stavi bene. Ma un giorno non ho capito l’insistenza nel saltarmi, aspettarmi e passarmi di nuovo, palla al piede, sotto il naso. Mi avrà dribblato cento volte, però la partita la vincemmo noi 3-0 e Ghiggia non segnò. Mi legai al dito quella bravata e una volta l’ho atterrato in malo modo. Allora gli ho dato la mano per rialzarlo e gli ho detto: “Non ti ho centrato bene”. In quella partita non l’ho più visto, si è nascosto…»

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