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Pessotto ricorda Vialli: «Grande uomo e capitano, trascinava con i fatti e non a parole»
Pessotto ricorda Vialli: «Grande uomo e capitano, trascinava con i fatti e non a parole». L’intervista sulla leggende della Juve
Pessotto, in una lunga intervista a Tuttosport, ha lasciato il suo ricordo di Vialli ad un anno dalla morte della leggenda della Juve.
IL PRIMO IMPATTO CON VIALLI – «Arrivavo a Torino e mi accorsi subito che ero entrato in un gruppo incredibile. Impiegai pochissimo per capire i motivi per cui avevano dominato il campionato precedente nonostante avessero perso i due derby che io avevo vinto in granata. C’era una compattezza morale ed emotiva pazzesca! Un mantra che porto ancora adesso dentro di me: tutti allineati, nessuna differenza tra chi giocava sempre e chi pochissimo. Come se fosse stata disegnata dalla società una linea retta a cui tutti si ispiravano. Dal giocatore più rappresentativo ai dirigenti all’ultimo dei magazzinieri. L’obiettivo della società era sposato da tutti e non era permesso di deviare perché immediatamente il gruppo lo rimetteva in riga. Ma in realtà non ci provava nessuno: anche nella distribuzione dei primi non c’era differenza, stessi soldi per chi non aveva perso un minuto o chi ne aveva fatto uno solo. Io, Jugovic, Vierchowood e Padovano ci inserimmo comprendendo cosa si doveva e non doveva fare. Capitano era Vialli…Ero il terzo più giovane in assoluto a 25 anni, visto che nei torelli toccava entrare al sottoscritto, Torricelli o Del Piero per iniziare».
IL RUOLO DI VIALLI – «Un po’ tutti, da quello che faceva gruppo, il trascinatore, a quello che sul campo dettava le regole. Prima arrivare alla Juve nella mia esperienza di preparazioni estive gli attaccanti finivano nel gruppo di quelli più indietro di condizione. Nel primo i centrocampisti, poi i i difensori e infine gli attaccanti che solitamente erano i più indolenti a lavorare, a parte Inzaghi!. Alla Juve nel primo gruppo, dove c’ero anche io, trovai subito Vialli, Ravanelli e Del Piero. Quando le punte sono i primi a non sentire fatica e corrono, poi è tutto più facile, dietro vai di inerzia».
LA CARICA DI VIALLI – «Dipendeva dai momenti, a seconda del caso. Non era uno che sprecava le parole. Faceva molta attenzione al comportamento che si aveva. Trascinava spesso con i fatti e le azioni negli allenamenti. Mamma come erano duri. Ogni giorno, tutti, con lui in testa, si impegnavano a mille. Guai a perdere una partitina. il giorno dopo te ne accorgevi dagli sguardi. In confronto la domenica la partita era un sollievo! Vialli pretendeva tantissimo da tutti dal lunedì al sabato e poi in partita».
UN’AZIONE DI VIALLI FISSATA NELLA MEMORIA – «Ha fatto gol in tutti i modi, era capace di segnare in qualsiasi situazione. Io ricordo il primo derby, dopo i due che aveva perso l’nno prima: finì 5-0 per noi e lui aveva una ferocia totale. La vittoria per lui non era una gioia, ma un sollievo, non sopportava la sconfitta».
I QUARTI DI FINALE CON IL REAL MADRID – «Ma io ogni tanto ripenso più che altro ai quarti di finale con il Real Madrid, quando ci giocammo la qualificazione a Torino dopo aver perso in Spagna. Cinque giorni prima andammo a fare un’amichevole a Carrara contro la Carrarese che giocava in C2: il campionato era fermo. Tutti a domandarci perché. Sta di fatto che perdiamo 3-2 dopo essere andati in vantaggio 2-0. Ci portano così per punizione in ritiro. Bene, nel giorno della gara col Real eravamo tutti elettrizzati: i giornali avevano già fatto le tabelle con chi sarebbe partito a fine stagione in caso di eliminazione. E allora vedere lui, con una serenità incredibile, che filmava tutto con la microtecalemera per microvideo, ci faceva capire come si poteva vivere quel momento. Parliamo di 28 anni fa: di fatto è stato un pre tiktoker! Lui era sempre avanti, su tutti».
LA MALATTIA E L’EREDITA’ DI VIALLI – «Ci siamo sentiti qualche volta ma non tantissime, anche perché è sempre difficile condividere certe situazioni. All’inizio era molto riservato rispetto alla malattia e poi invece l’ha vissuta in maniera completamente diversa pensando più alle cose da fare invece che chiudersi. E noi ci siamo sentiti parte attiva per aiutarlo nei progetti che ha ideato, compresa la Fondazione con Massimo Mauro. Ed è venuto fuori il vero Luca, per lasciare cose importanti, E infatti l’eredità che ci ha lasciato tra parole, immagini, sorrisi, abbracci, fatti ed esempi dobbiamo trasmetterla ai nostri ragazzi. Non è un caso che l’eco in tutto il mondo per la sua scomparsa sia stata così grande. E’ stato un giocatore trasversale, sempre avanti oltre a essere un uomo-squadra incredibile. Uno che fa il centravanti solitamente è proiettato ad un concetto principale, buttarla dentro. Lui invece ha sempre messo da parte questo aspetto, prima di tutto veniva la squadra per cui dava tutto pretendendo il massimo da se stesso. Ci ha lasciato tante cose importanti per un patrimonio che non dobbiamo disperdere. Dobbiamo alimentare l’esaltazione del concetto di gruppo come faceva lui. Vialli dava alle persone che aveva a fianco grande valore. Un grande capitano. Un grande uomo».