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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Mauro, impiegato di Torino

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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Mauro, impiegato di Torino. La rubrica che ascolta e racconta le storie del popolo bianconero

La carta d’identità, sicuramente, non rispecchia lo spirito e il mantra di non fermarsi neanche per un istante di Mauro Ponso. 61 anni, con la pensione all’orizzonte: «Mi ero già andato ad informare» ma il desiderio di continuare a lavorare lo spinge a depennare momentaneamente questo traguardo di vita. Impiegato in un’azienda metalmeccanica, Mauro è rimasto a casa in seguito alla chiusura dell’attività, in linea con il decreto emesso per contrastare l’emergenza Coronavirus. «Mi tengo in forma in questi giorni, sono super attivo» ha esordito così nell’intervista a Juventus News 24, raccontando come sia cambiata la sua quotidianità da quel 23 marzo e allietandosi alla pronuncia della parola ‘Juve’.

Allora Mauro, di che cosa ti occupi nella vita?

«Devo portare nell’azienda per la quale lavoro tutto ciò che serve nella trasformazione della materia prima nei nostri prodotti finali. È un’azienda metalmeccanica facente parte di una grossa multinazionale americana: siamo in 37.000 nel mondo. Io devo assumere questo incarico per i cinque stabilimenti italiani».

Com’è cambiata la tua situazione in seguito all’emergenza Coronavirus?

«Non sono rimasto subito a casa, perché l’azienda ha lavorato fino al 17 marzo. Lì c’era il controllo della temperatura all’ingresso, la distanza di un metro gli uni dagli altri, smart working per chi poteva lavorare a casa, sanificazione dei posti di lavoro all’entrata e all’uscita. Con il tipo di produzione che abbiamo, la distanza non era un problema perché tra un addetto e l’altro passano anche 10 metri. Il 18 e il 19 è stata pianificata la sanificazione degli uffici anche, il 20 marzo invece abbiamo fatto il ponte per poi vederci il lunedì. Il 23, però, siamo rimasti a casa».

E ora?

«Da quel lunedì sono entrato nel loop dello smart working, ma per quello che posso fare da casa… Per il resto ho impegnato le ferie che avevo pregresse del 2019 fino a venerdì scorso. Per la prossima settimana mi sono messo in cassa integrazione visto che ho terminato i giorni di ferie, e per questi sette giorni ho optato per questa scelta. Se invece verrà prolungata la quarantena, vedremo poi come procedere. Io penso e spero che ci diano il via per riprendere martedì prossimo».

Come pensi si evolverà la situazione nelle prossime settimane?

«La settimana dopo Pasqua, o quella dopo ancora, secondo me cominceranno ad allentare il blocco delle fabbriche. La gente, però, non verrà lasciata passeggiare tranquillamente in giro. Quello sarà il primo passo: poi potrebbero essere riaperti i negozi non alimentari, con l’entrata di una sola/due persone alla volta. Se tutto va bene per metà maggio/fine maggio, la gente potrebbe uscire ma con le mascherine. Ammesso però che il decorso rispetti quello che tutti si aspettano».

Al di là dell’aspetto economico, ti manca il tuo lavoro, la tua quotidianità?

«Mi manca tanto. Nonostante io sia vicino alla possibilità di andare in pensione, continuo a lavorare. Non so bene che cosa fare in questo periodo. Mi sono pianificato delle attività che farò dal momento in cui andrò in pensione, però in questo momento è tutto in stand-by».

Colorando di bianconero le tue parole, quali sono i tuoi primi ricordi legati alla Juve?

«I primi ricordi li ho di quando ero bambino, negli anni ’60. In quella Juve c’erano Del Sol, Chinesinho, De Paoli, Castano, Anzolin. Ero piccolo, abitavo vicino allo stadio Comunale e andavo a vedere tutte le partite che potevo. Chiaramente non pagavo, perché all’epoca non c’erano i controlli di adesso quindi potevi scavalcare facilmente (ride ndr). Pur avendo un papà sfegatato del Torino, amico anche di Ferrini, avere un figlio tifoso della Juve lo portò a non parlarmi per una settimana quando glielo dissi. Da independente mi sono creato la mia passione».

A chi ti sei affezionato maggiormente nel corso degli anni?

«Ogni ciclo aveva il suo giocatore che diventava il mio idolo. Non ho mai visto giocare Sivori, e questo mi dispiace. A me piaceva moltissimo Chinesinho, che era tignoso come pochi. Poi arrivò la Juve di Furino, che mi piaceva molto per la sua grinta in campo. Andando avanti, con la squadra delle stelle, c’erano Paolo Rossi, Gentile, Cabrini, Platini, Boniek… Dell’epoca successiva mi porto dentro Ravanelli, Vialli, Baggio, Fortunato fino ai tempi nostri».

Della Juve attuale, invece, chi ti impressiona di più?

«Come gioco mi piace tantissimo Dybala, è bellissimo da vedere in campo. Caratterialmente mi sembra un po’ fragile e patisce i momenti clou come a Cardiff. Ero affezionato molto a Mandzukic anche, per la sua presenza in campo. Per quanto riguarda Ronaldo, è un fenomeno sicuramente, ma qui in Italia c’è l’università delle difese quindi deve dimostrare di esserlo al 100% anche nel nostro campionato».

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